Il Blog di Martino Ragusa

Ricette di cucina, cultura gastronomica e divagazioni


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Pasta in brodo di razza con verdura di stagione

Ingredienti per 4 persone

1 razza di circa 1 kg (o di più se piccole)
500 g di verdura di stagione (scarola, indivia riccia, cicoria, bietoline o tenerumi)
200 g di spaghetti spezzati
1 pomodoro pelato
1 cipolla bianca o gialla di circa 100 g
2 spicchi di aglio
1 ciuffetto di prezzemolo
1/2 bicchiere di vino bianco secco
4 cucchiai d’olio extravergine d’oliva
pepe nero
sale

Lavate la razza e mettetela in una casseruola ampia con circa 2 litri di acqua fredda. Salate e unite uno spicchio di aglio intero, mezza cipolla affettata e qualche gambo di prezzemolo. Lasciate cuocere a fuoco basso per circa venti minuti dalla ripresa del bollore.
Quando il pesce è cotto, scolatelo dal brodo (che va conservato) con un mestolo forato e pulitelo liberandolo della testa, delle frange, della pelle e delle cartilagini. Tenere da parte i filetti così ottenuti e riunite invece gli scarti al brodo e fateli cuocere per altri 30 minuti dalla ripresa del bollore.
Tritate il prezzemolo, la cipolla e l’altro spicchio di aglio. Fate appassire il tutto in un tegame molto ampio dove avrete versato l’olio. Unite il vino e lasciatelo evaporare. Poi aggiungete il pelato tritato e fate cuocere per 5 minuti.
Pulite la verdura, lavatele, tritatela grossolanamente e unitela al soffritto. Fatela insaporire a fuoco allegro per 5 minuti.
Filtrate il brodo di pesce attraverso un colino e versatelo nella casseruola dove sta cuocendo la verdura. Fate cuocere per altri 10 minuti. Buttate la pasta, mescolate e fate cuocere aggiungendo a fine cottura i filetti di arzilla spezzettati.

pasta_brodo di razza

 


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La cottura alla brace. Cosa succede ai grassi mentre arrostiamo le carni?

carne alla brace

di Gianluigi Storto

Partiamo da qui, se non altro per rispetto del Prof. Wrangham e della sua tesi. La carne cruda e “fresca”, ovvero di un animale ucciso da poco, è sempre stata un ingrediente dell’alimentazione delle scimmie arboricole nostre progenitrici, che l’alternavano con frutti, bacche e foglie. Si trattava perlopiù di piccoli animali, uccelli, pipistrelli, qualche lucertola e anche qualche “collega” della stessa specie. Capita ancora nelle popolazioni di scimmie arboricole delle foreste africane e sudamericane.

L’effetto della temperatura sulle carni è drammatico, come sa chiunque abbia provato a fare un barbecue senza averne esperienza! In poco tempo di passa da una bistecca cruda e immangiabile a una croccante e saporita carne alla brace, ma appena dopo, in un lampo, a un pezzo di carbone nero e fumante che scricchiola sotto i denti e sa di fumo… innanzitutto meglio non mettere la carne sul fuoco vivo ma sulle braci, meglio ancora, come appunto nei barbecue che sono stati inventati apposta, a una certa distanza da esse. In questo modo la carne viene sottoposta a un irraggiamento di calore più regolare e meno intenso. Da un punto di vista tecnico in questo modo il calore arriva alla carne sotto due forme: diretta come raggi infrarossi e indiretta come aria più i gas di combustione della carbonella ovvero anidride carbonica, ossido di carbonio e vapor d’acqua. Tutti belli roventi.
La carne, come sanno tutti, è fatta da vari componenti: ci sono i grassi, c’è l’acqua, ci sono le proteine, le vitamine, le fibre nervose, i tendini, i vasi sanguigni, eccetera. Per non parlare delle interiora. E ognuna di questi “componenti” reagisce in maniera diversa al calore violento delle braci.

 Che succede ai grassi durante la cottura alla brace?

I primi a risentire del calore sono i grassi, perché letteralmente, si sciolgono. I grassi infatti passano da solidi a liquidi a temperature abbastanza basse (considerate il burro, per esempio, ma anche il lardo). E così fuoriescono dalla carne facendosi strada fra le fibre proteiche che, nel frattempo, subiscono anche loro delle serie modificazioni strutturali. Spesso i grassi gocciolano letteralmente fuori della carne, vanno sui carboni ardenti del barbecue e… prendono fuoco, essendo combustibili. Ma può capitare che restino nella carne ma superino la temperatura che i chimici chiamano “punto di fumo”. A quella temperatura avvengono reazioni chimiche che modificano la struttura chimica del grasso e si formano sostanze gassose che, unite a goccioline di grasso e a un po’ di vapor d’acqua (onnipresente), dà origine appunto al fumo (è vero che non c’è fumo senza arrosto ma è vero anche che… non c’è arrosto senza fumo!).

Troppo fumo non è un buon segnale e a quel punto un buon chimico, pardon… un buon cuoco, dovrebbe abbassare un po’ la temperatura, allontanando la carne dalle braci. Perché fra le sostanze che si formano per decomposizione dei grassi ad alta temperatura, c’è l’acroleina, una molecola puzzolente e cancerogena, che è meglio evitare perché oltre che andarsene in cielo può restare impregnata nell’alimento che cuoce (un chimico direbbe “che si sta decomponendo”) e potrebbe innescare reazioni biologiche pericolose (l’acroleina è cancerogena). Inoltre a temperature eccessive le sostanze organiche delle carne carbonizzano, dando origine a composti solidi anch’essi cancerogeni (le famigerate croste nere degli arrosti alla brace) che andrebbero assolutamente evitati o almeno ridotti al minimo. Ecco perché i bravi “barbecueisti” cuociono a bassa temperatura, evitando non solo le fiammate da grassi sgocciolanti ma anche fumi eccessivi. Inoltre, una eccessiva perdita di grassi rende la carne più dura da masticare e ovviamente meno appetitosa… è la differenza fra un hamburger morbido e saporito ed uno rinsecchito e duro come una suola di scarpa!

Prossimamente: le proteine sulla brace


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Cassatelle

cassatella tagliata

Ingredienti per 12 persone

Per la pasta:

300 g di farina 00
30 g di burro
1 uovo
20 g di zucchero
1 arancia non trattata
1/2 limone non trattato
Sale

Per il ripieno:

300 g di ricotta di pecora
150 g di zucchero
100 g di cioccolato fondente a pezzettini piccoli
zucchero a velo
cannella in polvere

Per friggere: abbondante olio di semi di arachide o di oliva

Setacciate la farina sulla spianatoia. Fate il cratere. Metteteci dentro l’uovo, la scorza grattugiata di arancia e limone, il burro ammorbidito, lo zucchero, un pizzico di sale. Impastate e lavorate fino a ottenere una pasta liscia ed elastica. Avvolgete la pasta nella pellicola da alimenti e riponetela in frigo per mezz’ora.
Mescolate in una ciotola la ricotta con lo zucchero e il cioccolato tritato. Stendete un quarto della pasta con il mattarello su un piano infarinato fino a ottenere una sfoglia sottile. Lasciate il resto della pasta incellofanato perché non asciughi. Ritagliate dei dischi di circa 10 centimetri di diametro aiutandovi con un coppapasta o una tazza.
Deponete al centro dei dischi un cucchiaino di ripieno, inumidite il bordo con il dito inumidito d’acqua e chiudete a mezzaluna premendo bene sul bordo. Chiudete con una rotella dentata (meglio se usate la teglia-frastaglia-chiudi). Continuate fino a esaurimento degli ingredienti.
Friggete le cassatelle poche per volta nell’olio caldo girandole una volta e badando a non bucarle.
Appena sono dorate pescatele con il mestolo forato e passatele dentro a uno scolapasta. Poi asciugate sulla carta assorbente e spolverizzatele con lo zucchero a velo.


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Gnocchi di patate

gnocchi al pomodoro (Small)

Ingredienti per 4 persone:

1/2 kg g di patate vecchie a pasta bianca o rossa e di uguale grandezza
130 g di farina 00

Deponete le patate con la buccia in acqua fredda non salata. Portatele a bollore e cuocetele per circa 30 – 40 minuti, il tempo dipende dalla grandezza delle patate. Un buon sistema per giudicare la cottura è provarne la consistenza con uno spiedino di legno, con l’accortezza di bucare una sola patata per evitare che si impregnino di acqua. Una volta cotte, pelatele mentre sono ancora calde maneggiandole con un tovagliolo per non scottarvi. Passatele allo schiacciapatate e fate intiepidire la purea. Impastatele con la farina e staccate dall’impasto una quantità pari al volume di una mela, fatene un lungo cilindro di 2 cm di spessore e con il coltello ricavate tanti cilindretti di 2 cm di lunghezza che metterete via via su un vassoio spolverato di farina. Infarinatevi il pollice e con un colpo secco trascinate ogni gnocco sul rovescio di una grattugia o sui rebbi di una forchetta. Man mano che li confezionate, fate cadere gli gnocchi su un vassoio infarinato.

Gli gnocchi si cuociono in acqua abbondante e salata con generosità, perché sono privi di sale, tendono ad assorbirne poco e cuociono in fretta. Portate l’acqua a ebollizione con fuoco moderato e aumentate la fiamma dopo che avete buttato gli gnocchi in modo da far spiccare il bollore subito. Girate molto delicatamente con un cucchiaio di legno: lasciateli venire a galla, fateli cuocere per un paio di minuti e pescateli con un mestolo forato. Metteteli nel piatto di portata e conditeli con salsa di pomodoro e parmigiano o burro e parmigiano o salsa di gorgonzola o pesto ligure o con quanto di buono vi suggerisce la fantasia.

 


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La leggenda del tappo ammorbidente

Tappo di sughero

Sono in tanti, tele-chef di rango compresi, ad assicurare che un tappo di sughero garantisce al polpo la morbidezza. Pura leggenda messa in giro qualcuno che ha mangiato il polpo per strada a Napoli o a Palermo e ha osservato che i venditori ambulanti tengono i loro polpi dentro un grande pentolone dove galleggiano tanti tappi di sughero.   Poiché i polpi degli ambulanti sono morbidi perché cotti a regola d’arte, l’equazione è presto fatta: il segreto sono quei tappi di sughero. E si diffonde la notizia, prima col passaparola e poi con il web. Ma in verità i tappi servono ad altro: una volta cotti, i polpi che sono lasciati ad ammorbidire nella loro acqua di cottura, precipitano nel fondo del pentolone.  Per recuperarli facilmente, senza immergere il braccio fino al gomito, il polparo li lega a un tappo di sughero che rimane a galla e gli consente di pescarli facilmente. Se poi ad usare il medesimo calderone sono più polpari, il tappo, sempre diverso, diventa anche uno strumento di riconoscimento del proprio polpo.

Per cuocere un polpo senza tappo di sughero guarda qui


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Polpo bollito

polpo bollito

Ingredienti per 4 persone

1 polpo da 1 kg
sale

Scegliamo una pentola di coccio corredata di coperchio. Se il coccio non c’è, ci accontenteremo dell’acciaio ma non parleremo più di perfezione.
Riempite la pentola di acqua fino a ¾, salatela con moderazione e portatela a bollore. Ricordate che per tutta la cottura la fiamma deve essere tenuta al minino, l’acqua dovrà sobbollire e non dovrà mai passare al bollore pieno. Intanto battete i tentacoli con un batticarne per sfibrarli un poco. Se il polpo passa un paio di giorni in freezer, non ce n’è bisogno. Quando l’acqua bolle, prendete il polpo per la testa e tuffate i soli tentacoli per tre volte nell’acqua bollente. Il quarto tuffo sarà quello definitivo: immergete il polpo, alzate la fiamma e incoperchiate. Questa operazione serve a fare arricciare i tentacoli. Se il polpo è di circa 1 kg fatelo bollire per 15 minuti, poi spegnete il fuoco e lasciatelo riposare nel suo brodo per almeno venti minuti a pentola coperta. Se volete gustare il polpo tiepido, come nelle regioni nel nostro meridione, pescatelo dalla pentola, tagliatelo velocemente a tocchettoni e servitelo nature o con pepe nero macinato al momento o con olio extravergine di oliva, limone e pepe. Oppure lasciatelo raffreddare e servitelo in insalata con olive verdi e sedano.

 


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Cassone romagnolo

Ingredienti per 4 persone

Per il ripieno

½ kg di erbette selvatiche miste
(oppure 250 g di bietoline + 250 g di spinaci)
1 cipollotto con tutto il verde
olio extravergine di oliva
pepe
sale

Per la piadina

½ kg di farina 00
100 g di strutto
1 bicchiere circa di acqua minerale gassata calda
1 cucchiaino di bicarbonato
sale

Il ripieno

Mondate le verdure e bollitele per 5 minuti in acqua salata bollente. Scolatele e trasferitele in acqua fredda (meglio se con ghiaccio) per fermare la cottura e mantenere il colore. Quando sono ben fredde, scolatele alla perfezione e tritatele grossolanamente. Scamiciate l’aglio e fatelo appassire in padella con un filo di olio a fuoco dolcissimo. Appena accenna a dorarsi, aggiungete le verdure, pepate e fate insaporire per altri 5 minuti.

La piadina

Fate la fontana di farina, mettete nel cratere lo strutto, un po’ di acqua gasata calda, un cucchiaino di bicarbonato e cominciate a impastare. Continuate aggiungendo tutta l’acqua che occorre a ottenere un impasto liscio e compatto. Fate una palla, infarinatela, mettetela in una ciotola, copritela con un panno e fatela riposare per un’ora. Ricavate dalla palla una pallina dalla quale dovrete ottenere un disco piuttosto sottile di circa 15-18 centimetri e stendetela con il mattarello.

Il cassone

Mettete subito al centro del disco una bella cucchiaiata di ripieno e chiudetelo immediatamente a mezzaluna. Premete bene i bordi per farli aderire e poi incideteli a corona con i rebbi di una forchetta. Continuate fino a esaurimento dell’impasto. I cassoni vanno fatti uno alla volta. Non fate prima le piadine e poi i cassoni perché le piadine vanno chiuse mentre sono ancora umide in modo che la pasta aderisca.
Fate scalare la piastra e mettetevi a cuocere i cassoni. Vanno girati quando la superficie a contatto con la piastra comincia a dorarsi. Sono pronti quando sono dorate entrambe le sue facce.

Post Ricetta

Questa è la ricetta della mia amica Tina. Fa cassoni da circa …. 80 anni! Per forza le vengono così!

cassoni

 


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Gelo di melone (o gelo di anguria o jelu ‘i muluni)

Igelo di anguria

Ingredienti per 8 persone

1,5 kg di polpa di anguria
150 g di zucchero
100 g di amido di frumento
30 g di cioccolato fondente tagliato a dadini piccolissimi (o gocce)
2 cm cannella in corteccia
cannella in polvere
canditi misti tagliati a dadini
40 fiori di gelsomino (se non ci sono, pazienza)
qualche foglia di menta

Liberate l’anguria dai semi e frullatela. Mettete il liquido ottenuto in una pentola assieme allo zucchero, la cannella in corteccia, 30 fiori di gelsomino e l’amido di frumento che incorporerete poco a poco mescolando bene con la frusta. Mettete il tutto sul fuoco e fate raggiungere il bollore lentamente e sempre mescolando. Appena il composto si si addensa, versatelo in uno stampo o in piccoli stampi da budino monoporzione bagnati, vanno bene anche quelli di stagnola usa-e-getta adatti anche per il crème caramel. Lasciate raffreddare in frigo per almeno tre ore. Al momento di servire, staccate il gelo dalle pareti dello stampo o degli stampini aiutandovi con la punta di un coltello e capovolgete su un piatto o su piattini da dessert. Guarnite con i canditi, i tocchetti di cioccolato amaro, la cannella in polvere, le foglie di menta e i fiori di gelsomino rimasti.

Post Ricetta. Dolce amatissimo dai palermitani. Eredità dei monsù. Ah, in siciliano melone e anguria si chiamano melone.

 


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Cottura ed energia disponibile

Lärmfeuer_2010

di Gianluigi Storto

La carne cotta è più digeribile e più sicura, non soltanto per un effetto di sanitizzazione per uccisione di batteri e altre forme pericolose ma anche perché spesso trasforma sostanze tossiche in sostanze innocue, come vedremo nei prossimi articoli. Ma soprattutto la cottura riesce a ricavare da una certa quantità di alimento più energia di quanta ne renda disponibile un cibo crudo (almeno in molti casi, fra cui quello della carne).

Avere più energia a parità di peso permette di mangiare di meno e più velocemente (la carne cotta è più tenera della carne cruda), e tale cambiamento regala più tempo per fare altre cose, accelerando i processi di socializzazione e tutte quelle attività non indispensabili alla mera sopravvivenza che in fondo sono la vera cifra della civiltà umana. Come ogni scatto in avanti della civiltà, anche il primo fu quindi dovuto all’improvvisa disponibilità di una maggiore quantità di energia.

Ovviamente, visto che la curiosità è la molla del progresso, i primi ominidi non si accontentarono di pezzi di carne cruda gettati su resti di incendi ma probabilmente dopo la carne provarono altri alimenti, dopo l’arrostimento sulle ceneri di fuochi accesi dal caso, provarono anche altre forme di cottura con il calore, come la bollitura, la frittura, la cottura con condimenti grassi, si scoprirono pentole e forni, padelle, microonde e tutte quelle cose che ormai sono nelle nostre cucine, in un’esplosione di tecnologia e di ricompense gustative che nessuna altra specie animale ha conosciuto.

Ma cosa succede durante la cottura dei cibi? Perché è così importante? Come cambiano le strutture degli alimenti? Perché cambia così decisamente il sapore? Perché molti cibi sono velenosi da crudi e benefici da cotti? Cosa differenzia la frittura dalla cottura al forno? Possono esserci ulteriori tecnologie future per cuocere i cibi? ci sono sostanze benefiche (o tossiche) che si sviluppano soltanto con la cottura? Ci sono alimenti che meglio mangiare crudi?

Ecco, di queste cose vorremmo occuparci in questa serie di articoli che speriamo possano suscitare interesse e partecipazione attiva dei lettori, per iniziare un rapporto fatto anche di domande e risposte, di discussione, di critiche e suggerimenti che serviranno a fare del nostro un punto di incontro fra persone animate da un interesse comune, quello della buona alimentazione, un elemento costitutivo del nostro essere davvero homines… sapientes!


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Pasta con le verdure grigliate

pasta_verdure_griglaite

 

Ingredienti per 4 persone

350 g di pasta (mezzi rigatoni o penne rigate o farfalle o tortiglioni o conchiglie grosse rigate o reginette)
2 peperoni di colore diverso
2 zucchine
1 melanzana viola
4 cipollotti
4 pomodori San Marzano rossi ma ben sodi
2 spicchi di aglio tritati
olio extravergine di oliva
qualche foglia di basilico
pepe nero di mulinello
sale

Fate scaldare su fuoco medio una piastra o bistecchiera di ghisa o di ferro e quando è calda mettetevi ad arrostire le fette di melanzana senza alcun grasso girandole spesso finch non sono cotte. Sulla stessa piastra mettete i peperoni interi e girateli da tutte le parti fino a quando la pelle sar quasi completamente carbonizzata. Una volta cotti, chiudeteli in un sacchetto di carta da pane o in un altro contenitore che possa chiudersi ermeticamente.
Lasciateli raffreddare dentro al loro involucro, poi estraeteli, apriteli, ripuliteli dei semi e delle parti bianche, spellateli e tagliateli a listarelle lunghe e strette. Arrostite i pomodori e i cipollotti interi girandoli da tutte le parti finch allesterno non si presentano quasi carbonizzati.
Liberate i cipollotti dalla parte bruciacchiata e tagliateli a striscioline, fate lo stesso con i pomodori privandoli della buccia e dei semi e tagliando la polpa a filetti. Tagliate le zucchine a fette sottili per il lungo e arrostitele sulla piastra, quindi tagliatele a striscioline.
Riunite tutte le verdure in una ciotola, salatele e conditele con lolio di oliva, laglio tritato molto finemente, le foglie di basilico e il pepe. Lasciate riposare fuori dal frigo per almeno due ore. Lessate la pasta e conditela con le verdure che nel frattempo avranno ceduto parte dei loro liquidi di vegetazione formando, con lolio, il sugo. Potete servire con ricotta salata grattugiata.

Il condimento va consumato freddo e il riposo fa guadagnare in gusto e consistenza, perci potete anche prepararlo nelloccasione di un barbecue e tenerlo in frigo coperto di olio. Si conserver senza problemi per almeno una settimana. Dovrete solo avere la precauzione di riportarlo a temperatura ambiente prima di usarlo.